Anno IX - Numero 12
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mercoledì 21 febbraio 2024

Romania e fondi comunitari: un paese in costante ritardo

Dal 2007, anno dell’ingresso della Romania nell’Unione Europea, nel paese sono affluiti oltre 62 miliardi di euro Ue. Sarebbero potuti essere di più, ma lo stato romeno non è riuscito ad attirarli tutti. Perché?

di Laura Popa

Nel gennaio 2007, quando la Romania ha festeggiato la sua adesione all’Unione europea, oltre la metà della popolazione nel paese non aveva fognature, il rapporto Pil/pro capite era inferiore alla metà della media europea e il salario netto medio era di 1042 lei (circa 210 euro, n.d.r.). Il paese guardava con fiducia al progetto europeo (il livello di fiducia nell'Ue nel 2007 era al 75%) e con speranza alle decine di miliardi di Euro comunitari destinati a strade, acqua, fogne, scuole e ospedali. La Romania sognava di essere un paese moderno.

Sedici anni dopo, il Pil pro capite della Romania è vicino a quello di Ungheria e Polonia, il salario netto medio ha raggiunto i 4593 lei [920 euro] e nel paese sono affluiti più di 62 miliardi di Euro dall'Unione europea. Sarebbero potuti essere di più, ma lo Stato non è riuscito ad attirarli tutti.

La Romania beneficia dei fondi UE sin dalla pre-adesione
La politica di coesione è lo strumento principale con cui l’Ue investe nei suoi paesi membri. A che scopo? Ridurre le disparità economiche, sociali e territoriali all’interno del blocco europeo. Dal 2007, la politica di coesione ha portato alla Romania decine di miliardi di euro.

«Quasi sedici anni dopo l'adesione, la Romania ha contribuito con circa 21 miliardi di Euro al bilancio dell'UE e, parallelamente, ha ricevuto 62 miliardi di Euro. Quindi un saldo positivo di almeno 41 miliardi», spiega Ana-Maria Icătoiu, esperta in materia di accesso ai fondi Ue e vicepresidente dell'Organizzazione delle donne imprenditrici Ugir (Ofa).

I fondi dell’Ue sono affluiti in Romania sin dalla fase di pre-adesione, dando impulso ad alcuni settori, come l’agricoltura.

«Prima di entrare nell’Ue, la Romania disponeva di alcuni programmi sul riscaldamento, i cosiddetti programmi Phare, che hanno permesso di costruire molti impianti di trasformazione. E questo ha dato i suoi frutti, perché ha consentito il passaggio ai fondi europei», ha spiegato l'analista economico Constantin Rudnițchi.

Eppure, l’esperienza pre-adesione non sembra aver aiutato molto la Romania. A causa delle difficoltà burocratiche e strutturali e, a volte, della riluttanza dei decisori politici ad utilizzare i fondi europei, che sono molto più severamente controllati, il paese lotta ancora per risorse che altri membri attraggono molto più facilmente.

Nel primo settennato finanziario, quello del 2007-2013, la Romania ha attirato con grandi sforzi burocratici il 91% dei fondi disponibili.

Per il periodo seguente, quello 2014-2020, la Romania aveva a disposizione 41 miliardi di euro di fondi Ue, ma è riuscita ad attrarne solo l'82%.

Oggi la Romania è al suo terzo settennato finanziario: ha a disposizione 46 miliardi di Euro (compresa la parte di cofinanziamento), ma anche i fondi del Programma nazionale di sviluppo rurale (Nrdp), con oltre 30 miliardi.

Primo contatto con i fondi Ue. Prime priorità
Le prospettive oggi non appaiono però positive. Se l’Ue si espanderà, i fondi di coesione che riceverà la Romania saranno molto inferiori a quelli attuali. «È praticamente l'ultimo treno sul fronte della coesione», ha affermato l’eurodeputato Reper Dragoș Pâslaru.

Dopo l’adesione, la Romania ha potuto accedere ai fondi Ue per l’anno finanziario 2007-2013, per un totale di circa 27 miliardi di Euro nell’ambito di sette programmi operativi.

Le priorità all’epoca erano gli investimenti in infrastrutture e accessibilità, ovvero nuove strade. Al secondo posto troviamo la ricerca e l'innovazione, le Pmi, l'istruzione e la formazione, l'inclusione sociale e l'ambiente.

«Alla fine del primo periodo di programmazione, 2007-2013, a causa della pessima situazione in termini di assorbimento reale alla fine del periodo, cioè intorno al 2014-2015, perché ogni volta il periodo viene prorogato di un anno o due, sono stati realizzati alcuni escamotage: alcuni progetti di investimento, molti dei quali realizzati dagli enti locali, compatibili con il programma regionale di allora, sono stati finanziati con fondi europei. Pavimentazioni, parchi, strade, investimenti locali», racconta Icătoiu.

Nonostante il denaro stanziato per la Romania nel periodo 2007-2013 non sia stato interamente attratto, i fondi di coesione hanno rappresentato il 35% del totale degli investimenti pubblici effettuati dalle autorità nel periodo in questione, come affermato dall’ex primo ministro Nicolae Ciucă nell’aprile 2023.

Sette anni fatti in dieci
Sette anni dopo, il nuovo ciclo finanziario 2014-2020 è stato negoziato e votato a livello Ue per raggiungere gli obiettivi di "Europa 2020". Per il periodo 2014-2022 erano previste ben undici aree di investimento, tra cui ricerca, sviluppo e innovazione, digitalizzazione, Pmi più competitive, transizione verso un'economia verde, gestione del rischio e cambiamento climatico, conservazione e tutela dell'ambiente, trasporti e investimenti sostenibili nell’istruzione e nella formazione per combattere ogni forma di discriminazione.

Alla Romania sono stati stanziati 41 miliardi di euro dai Fondi strutturali e di investimento europei, di cui oltre 35 miliardi dal solo bilancio europeo attraverso la politica di coesione.

Il denaro passa da otto programmi operativi gestiti da tre autorità: il ministero degli Investimenti e dei progetti europei, il ministero dello Sviluppo, dei lavori pubblici e dell'amministrazione e il ministero dell'Agricoltura e dello sviluppo rurale.

Secondo gli ultimi dati, il tasso di assorbimento dei fondi per il periodo 2014-2020 è poco superiore all’84%.

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