Anno IX - Numero 10
Non è sufficiente parlare di pace. Bisogna crederci.
Eleanor Roosevelt

martedì 10 settembre 2019

La Groenlandia si sta sciogliendo: proposte concrete per non piangersi addosso

L'estate che sta volgendo al termine è stata caratterizzata da un’ondata di caldo anomalo che ha colpito la Groenlandia causando un pesante scioglimento della sua calotta glaciale. A luglio, si sono riversate in mare 197 miliardi di tonnellate d’acqua. Una situazione allarmante alla quale i governi mondiali, se vogliono scongiurare la catastrofe ambientale, devono rispondere con celerità
di Luca Cellini

La Groenlandia si scioglie ormai al ritmo di 10 miliardi di tonnellate d’acqua al giorno.
Le temperature elevatissime dello scorso mese, hanno avviato un’ulteriore accelerazione nel processo di scioglimento dei ghiacciai. L’ondata di caldo ha provocato uno scioglimento della superficie ghiacciata pari al 56% del totale.
L’Istituto Meteorologico Danese, ha dichiarato che solo in questo ultimo mese si sono sciolti i ghiacci a una velocità che hanno superato ogni peggiore previsione, riversando in mare oltre 197 miliardi di tonnellate d’acqua e provocando così un innalzamento del livello dell’Oceano di 0,5 millimetri.

Riscaldamento globale
Le analisi storiche di cui disponiamo dimostrano che in passato il “collasso” di parti sostanziali dei ghiacciai è stato molto repentino e segnalano che all’epoca in cu avvennero analoghi discioglimenti, l’innalzamento del livello dei mari fu di alcuni metri.
Per comprendere meglio la questione, 10 miliardi di tonnellate di acqua in volume corrispondono a un volume di 5 km di lunghezza, per 2 km di larghezza e 1 km di altezza.
Il quantitativo di acqua che si è sciolto solo in questo ultimo mese è venti volte tanto, ovvero un volume di 10 km x 10 km alto 2.
Un ritmo simile di scioglimento, se prolungato, confermerebbe un recente studio sul fenomeno dell’innalzamento dei mari. Inizialmente si era stimato che entro i prossimi 50 anni il livello del mare potesse crescere dai 7 ai 178 cm, ma ora secondo questo recente studio più strutturato, che prende in considerazione nuovi e diversi fattori, da cui deriverebbe l’innalzamento del livello marino.

Il precedente studio teneva conto solo dello scioglimento delle calotte glaciali con masse di ghiacciai continentali con una superficie inferiore a 50mila km², come quelle della Groenlandia ad esempio. Il nuovo studio strutturato invece, considera anche lo scioglimento delle cappe di ghiaccio, ovvero di quegli ammassi di ghiaccio con una superficie superiore ai 50mila km² come quelle dell’Antartide. Tenendo conto di questi fattori nel nuovo studio si arriva ben oltre i due metri di innalzamento dei mari.


Proiezioni innalzamento livello del mare al 2100


Innalzamento del livello dei mari
Questo scenario, spiegano inoltre gli esperti, è tanto più probabile quanto più aumenti la temperatura, e diventa realistico se si arriverà a un innalzamento di 5 °C. Rispetto l’innalzamento della temperatura, l’andamento delle medie risulta essere di crescita esponenziale via via che si aggiungono differenti fattori. La diminuzione delle calotte ghiacciate ad esempio, riduce anche l’albedo della Terra, ovvero la sua capacità di riflettere la radiazione termica solare, grazie al bianco dei ghiacci, i quali riducendosi in estensione fanno sì che il pianeta che ci ospita assorba maggiormente la radiazione termica del sole, con ulteriore innalzamento delle temperature. Altro fattore che andrebbe a sommarsi concorrendo all’aumento delle temperature, è lo sprigionarsi dallo scioglimento dei ghiacci di nuovi e ulteriori gas serra, che andrebbero così a concorrere con il riscaldamento globale.



Proiezioni climatiche al 2100

Possibili conseguenze
Al momento, la possibilità che il clima cambi così tanto andando incontro a queste conseguenze estreme è pari al 5%. Secondo gli scienziati, non bisogna però sottovalutare il rischio. Se vi dicessero che c’è una possibilità su 20 di essere investiti nell’attraversare una strada, probabilmente nemmeno vi avvicinereste.

Il team di ricercatori che ha pubblicato lo studio ha provato anche ad immaginare le conseguenze se il livello del mare si alzasse di due metri.
La più immediata sarebbe la perdita 2,1 milioni di km², di terreno, circa 7 volte la superficie dell’Italia, oppure una superficie maggiore alle dimensioni della Libia. Detta così potrebbe non sembrare poi così tanto preoccupante, ma le terre che verrebbero sommerse, sarebbero quelle costiere ad altissima densità di popolazione.
La scomparsa di queste superfici avrebbe ripercussioni enormi, oltre 200 milioni di persone sarebbero costrette a lasciare le loro terre ed emigrare, per fare una proporzione, tale fenomeno produrrebbe 200 volte il numero di profughi che ha causato finora la guerra in Siria, ovvero un milione di persone.
Inoltre con la sparizione di questi terreni costieri, altamente fertili e fondamentali per la produzione alimentare, l’impatto nella produzione agroalimentare sarebbe enorme.
Adesso dopo tutto questo gran parlare e di fronte ai chiari segnali che ci sta inviando il pianeta è probabile che si cominci finalmente a comprendere la natura reale, seria e consistente del problema che si sta ponendo di fronte a noi e ancor più alle nuove generazioni.

Proposte concrete, soluzioni possibili 
Per non restare a piangersi addosso, passando invece alle possibili soluzioni, secondo i ricercatori sono necessari drastici cambiamenti in tutti i settori produttivi e nella gestione dei trasporti e dei servizi, le emissioni di biossido di carbonio provocate dall’uomo devono diminuire di circa la metà entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010.
Inoltre, i livelli di CO2 dovrebbero raggiungere quello che viene chiamato “emissioni nette zero” entro il 2050, il che significa che eventuali emissioni residue dovranno essere compensate rimuovendo CO2 dall’aria.



Previsione 100% riforestazione massima mondiale

Per fare tutto questo però servono azioni e investimenti concreti, serve cambiare rotta nelle politiche economiche mondiali destinando a questa sfida di vitale importanza, risorse pari ad almeno il 2,5% del pil mondiale per i prossimi 20 anni.

Le linee su cui muoversi avrebbero necessità di articolarsi su più fronti:

1) Ridurre i gas serra nell’atmosfera prodotti dall’uomo passando a energie rinnovabili e veicoli elettrici, ottenere una maggiore efficienza energetica.
2) Riconvertire la filiera produttiva insistendo sul concetto di riciclo dei rifiuti per trarne materia prima da riutilizzare e non da bruciare o sotterrare.
3) Riuso dei prodotti, i quali non devono essere né gettati né distrutti se ancora usabili, bensì reinseriti all’interno di un mercato dove possano essere utilizzati da altre persone.
4) Realizzare i prodotti eliminando il concetto di obsolescenza programmata, una pratica costruttiva che fa sì che un prodotto già in fase di progettazione venga realizzato per non superare un determinato tempo di utilizzo.
5) Inserire all’interno della produzione i concetti legati alla circolarità, ovvero gli scarti di lavorazione e i prodotti dismessi debbono tornare nella stessa sede di produzione per essere comunque reimpiegati o ritrasformati, mettendo così in questo modo il produttore in condizione di dover pensare a dei prodotti facilmente riciclabili e trasformabili alla fine del loro ciclo di vita.
6) Riduzione del consumo di carne: attualmente più di 42 miliardi di tonnellate di CO2, ma anche altri gas serra, come il metano ad esempio, provengono dagli allevamenti di bestiame, senza contare che per far pascolare il bestiame vengono disboscati milioni di ettari di foreste riducendo così la capacità dell’ambiente di assorbire la CO2, tenendo anche a mente infine, che per produrre un chilo di carne bovina ad esempio mediamente sono necessari dai 9.000 ai 15.000 litri di acqua, quando invece per un chilo di grano servono dai 500 ai 4.000 litri d’acqua.
7) Istituire degli organismi internazionali di controllo approvati dall’accordo di più stati, tale che possano impedire la pratica della deforestazione, stabilendo inoltre nella deforestazione un reato a carattere internazionale quando questa venga praticata in modo indiscriminato e massivo, mettendo a rischio ecosistemi, popolazioni autoctone e compromettendo ulteriormente l’equilibrio del pianeta.
8) Procedere ad una campagna mondiale di riforestazione intensiva, perché ogni albero è un preziosissimo alleato per rimuovere la CO2 che produciamo. Abbiamo necessità di un miliardo di ettari in più di foreste entro il 2050.
9) Eliminare i sussidi alle fonti di energia fossili.
10) Tassare in modo pesante le emissioni di CO2 (almeno 50-80 dollari per tonnellata entro il 2020 e fino a 100 dollari entro il 2030;
11) Investire in infrastrutture e abitazioni a basso impatto ambientale.
12) Investire sullo sviluppo di fonti di energia ‘carbon-free’, che non producono anidride carbonica, ma se il prezzo di queste emissioni non viene tassato a un prezzo più alto, sarà difficile che ciò avvenga.
13) Ridurre drasticamente la produzione delle plastiche che una volta in mare ad alte concentrazioni. precipitano sul fondo impedendo la formazione dei batteri e del fitoplancton che sono straordinari biodigestori della CO2. Attualmente esistono già da diversi anni validissime alternative alle plastiche con bioplastiche provenienti da prodotti agricoli o vegetali.
14) Istituire in tutte le scuole come obbligatoria l’insegnamento dell’educazione ambientale di modo che le nuove generazioni vengano su con i concetti ambientali già acquisiti nella loro formazione di persone.
15) Investire una parte sostanziale del reddito adesso destinato agli armamenti in ricerca e sviluppo per sviluppare energie alternative a costo ridotto e a basso impatto ambientale.
16) Istituire urgentemente dei programmi attivi di reale cooperazione fra gli stati, di modo che le risorse di cui disponiamo vengano usate in modo intelligente e proficuo, in maniera utile e lungimirante e soprattutto non sprecate come accaduto fino adesso.

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