Anno IX - Numero 10
Non è sufficiente parlare di pace. Bisogna crederci.
Eleanor Roosevelt

martedì 17 settembre 2019

Il buon investimento dell'oro: una convinzione infondata

Con l’oro si può pure guadagnare ma chi punta alle plusvalenze compra contratti derivati (future). L’affermazione “L’oro è un investimento sicuro” è quindi, come regola assoluta, una baggianata

di Beppe Scienza*

L’oro è salito molto. Da inizio giugno del 18%, rispetto a un anno fa del 33%, sempre in euro, e comunque del 27% in dollari. Ciò ha fornito il destro per innumerevoli articoli, dichiarazioni e consigli. Di regola tutta aria fritta. Andiamo al cuore della questione, smontando l’affermazione “L’oro è un investimento sicuro”, sulla quale molti frettolosamente tenderebbero a concordare.

Come regola assoluta è una baggianata.
La convinzione che vi sta dietro mantiene una qualche validità, solo se fortemente relativizzata. Manca una definizione codificata di investimento sicuro, ma indiscutibilmente sarà tale solo un impiego del risparmio con cui non capiti di perdere; o almeno di perdere tanto.

Prendiamo allora un risparmiatore italiano che abbia investito in oro nel 1980 pagandolo sulle 17-18 mila lire al grammo. Messi i lingotti in cassetta e senza considerarne i costi, dopo 18 anni il valore del suo tesoretto era sceso dal 70 al 75 per cento in potere d’acquisto. Peggio ancora per chi aveva comprato sterline: nello stesso periodo subì una perdita sull’80% in termini reali d’oro. Il loro prezzo nel 1980 presentava infatti un aggio, cioè una maggiorazione, nell’ordine del 50% rispetto al metallo nobile in esse contenuto. Aggio poi azzeratosi.

Che affidabilità può dare un impiego che ha preservato solo il 20-25% della somma investita? Solo dopo una trentina d’anni il valore reale in euro dell’oro è tornato ai livelli del 1980. Campa cavallo! Per giunta non abbiamo tenuto conto del margine dell’intermediario, né per l’acquisto né per la vendita, che complessivamente poteva essere e tuttora è nell’ordine del 10% per monete o mini-lingottini.

Cosa si salva allora della proverbiale sicurezza offerta dall’oro? Una certa fondatezza della convinzione che il valore dell’oro posseduto, in lingotti o monete non numismatiche, non verrà coinvolto e travolto da vari possibili disastri finanziari. Cioè da fallimenti di banche e assicurazioni, default pubblici, crolli borsistici, revoca della validità delle banconote, frodi informatiche. Si può inoltre escludere un azzeramento del suo valore, possibilissimo invece per il Bitcoin, ma non perdite anche pesanti in potere d’acquisto, come abbiamo visto.

Certo che con l’oro si può pure guadagnare, col che siamo però fuori dalla ricerca della sicurezza. Inoltre chi punta alle plusvalenze, non comprerà lingotti né tanto meno monete, bensì contratti derivati (future) o, se li trova troppo complicati, prodotti finanziari opportunamente indicizzati.

Beppe Scienza è Professore universitario presso l'ateneo di Torino e saggista. Dal 2001 mette in rete informazioni e denunce sul tema del risparmio e della previdenza

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