Anno IX - Numero 14
Quando non si vuole fare i conti con le proprie cose si dovrà alla fine farli con i propri fantasmi.
Soren Kierkegaard

martedì 12 marzo 2019

Bernard-Henri Lévy: il “ragazzo immagine” di un’Europa fasulla

Chi è Bernard-Henri Lévy, il filosofo francese che negli ultimi tempi è onnipresente con i suoi attacchi contro la “deriva autoritaria” rappresentata da governi democraticamente eletti euroscettici, e contro le pulsioni anti-Ue che guadagnano un crescente consenso nei popoli europei stremati dal deficit democratico e dalla perdita di contatto di una Ue sempre più lontana dalla realtà quotidiana dei cittadini? Questo ritratto ce lo descrive come un esponente delle élite coccolato dai media francesi, famoso e celebrato in patria nonostante i suoi meriti siano alquanto inconsistenti e la sua filosofia appaia piuttosto semplicistica e senza solide basi. Ed è ironico che quest’uomo si presenti oggi come il “testimonial” della campagna elettorale a favore della Ue

di Scott McConnell

Il pensatore francese Bernard-Henri Lévy è recentemente salito alla ribalta come “ragazzo immagine” nella difesa dell'”Europa” contro l’avanzata dei partiti nazionalisti-populisti così temuti dall’establishment. Ma è più probabile che il coinvolgimento di Lévy finisca per costituire un vantaggio per i nazionalisti. Nella sua lunga carriera, buona parte della quale passata sui media, come noto filosofo parigino, Lévy è stato un fondamentale artefice degli atteggiamenti culturali che hanno portato ai guai attuali della Francia.

Una strategia politica più saggia, per quanto poco onesta, per i partiti neoliberisti merkelisti e macronisti sarebbe di smussare le loro caratteristiche ideologiche e presentare i loro candidati come dei comuni, ordinari patrioti di centro-sinistra o di centro-destra. È quello che sta tentando Macron, con discreto successo, nella sua stessa battaglia contro i gilet jaunes. Oggi appare in TV con una bandiera nazionale ben in vista al suo fianco, e cerca di conquistare il pubblico con lusinghieri riferimenti patriottici all’”eccezionalità” della Francia.

Ma ecco che arriva Lévy, che con una dichiarazione pubblica sottoscritta da 30 scrittori e intellettuali getta il guanto ideologico sulle prossime elezioni. “L’idea di Europa è in pericolo“, recitano Lévy e i suoi co-firmatari. È sotto attacco da parte di “falsi profeti ubriachi di risentimento e in delirio davanti all’opportunità di cogliere le luci della ribalta“. Le elezioni del Parlamento europeo di maggio, affermano Lévy e i suoi firmatari, “rischiano di essere le più disastrose mai viste“. Chiamano gli europei a “una nuova battaglia per la civiltà“. “Suonano l’allarme” senza indugio contro “questi incendiari dell’anima e dello spirito che vogliono fare un falò delle nostre libertà“. Ma a Lévy non basta una semplice lettera pubblica. Promette un tour in decine di città europee a partire da marzo. A 70 anni si propone di diventare il paladino continentale della resistenza ai partiti euroscettici.

Invero, la sua coerenza merita rispetto. Bernard-Henri Lévy, o BHL come lo chiamano in Francia, è da sempre stato acerrimo nemico del nazionalismo francese. Ne L’Ideologie francaise, il libro del 1981 che cementò la sua fama come il più telegenico dei “Nuovi filosofi” francesi e fece di lui un brillante personaggio nel mondo degli intellettuali da piccolo schermo, BHL ha dato un energico impulso di nazional-popolarità a un’idea che è diventata il cliché preferito di ogni antifa o casseur desideroso di soffocare la libertà di parola nel mondo accademico occidentale: chiunque abbia un’idea che non condividi è letteralmente Hitler.

Nel suo libro, BHL sostiene che non c’era bisogno di sconfiggere i nazisti nel 1940 perché la Francia diventasse fascista, dato che i precursori del regime di Vichy erano già ovunque nella vita intellettuale francese. Essi sono parte integrante, come proclama il titolo, de “L’ideologia francese”. Si tratta della distorta semplificazione di una tesi avanzata in altri modi da storici seri – secondo cui il disprezzo per la democrazia parlamentare, l’ostilità al capitalismo borghese, l’antisemitismo, tutti elementi insiti in Vichy, non erano certo esclusiva dei tedeschi. Ma BHL spinge il ragionamento ai suoi limiti estremi, includendovi praticamente qualsiasi scrittore francese di fama e sensibilità patriottica.

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