Anno IX - Numero 14
Quando non si vuole fare i conti con le proprie cose si dovrà alla fine farli con i propri fantasmi.
Soren Kierkegaard

martedì 4 dicembre 2018

Il perfezionismo che ci rovina la vita

Secondo una serie di studi pubblicati di recente, il perfezionismo è in aumento, soprattutto tra i giovani. Questa è una pessima notizia, perché il perfezionismo è collegato all’ansia, alla depressione e a molti altri problemi, ma l’aspetto positivo è che finalmente non se ne parla più come se fosse qualcosa di cui andare fieri

di Oliver Burkeman

Per quelli che crescono in quest’epoca del “chi vince prende tutto”, nella quale un indiscutibile successo sembra essere l’unica alternativa all’indigenza, il perfezionismo è un difetto assolutamente perdonabile. Ma resta comunque un difetto. Quelli che ancora lo difendono sembrano interpretarlo come un “continuo impegno a migliorarsi”, ma in realtà è una cosa molto diversa, perché implica la convinzione che tutto quello che non è il meglio è un vergognoso fallimento. È la ricetta ideale per essere sempre insoddisfatti dei propri risultati, o peggio ancora, come sostengono alcuni studi, un vero e proprio ostacolo al successo.

Il modo più comune di combattere il perfezionismo, che si basa sullo stoicismo e sulla terapia cognitivo-comportamentale, è aiutare chi ne soffre a capire che i suoi timori sono eccessivi, che se non riesce a superare un esame, se qualcuno critica il suo lavoro o la sua casa è in disordine non è una tragedia (questa è la logica alla base del saggio consiglio della psicologa Jessica Pryor: scegli un aspetto della tua vita non eccessivamente importante, come l’ordine in casa, e prova a rinunciare al perfezionismo in quel campo. Poi potrai estendere l’esperimento ad altri aspetti della tua vita).

Il perfezionista è costantemente angosciato per il futuro, perché per quanto bene superi una prova, ce n’è sempre un’altra di cui preoccuparsi. Perciò è giusto aiutarlo a capire che, quando arriverà la prossima sfida, anche se non raggiungerà la perfezione non sarà una catastrofe.

Il problema, però, è che resta comunque una prospettiva orientata verso il futuro. Certo, ci aiuta a preoccuparci di meno di quello che succederà se la prossima settimana, o l’anno prossimo, non raggiungeremo gli standard altissimi che ci siamo prefissi. Ma consente alla subdola mente del perfezionista, lo so per esperienza, di continuare segretamente a sperare che quando arriverà quel momento, farà tutto in modo perfetto. E quindi, probabilmente, un antidoto migliore al perfezionismo sarebbe rendersi conto che è già troppo tardi.

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