Anno IX - Numero 10
Non è sufficiente parlare di pace. Bisogna crederci.
Eleanor Roosevelt

martedì 27 febbraio 2018

Riforma Fornero: perché non si può tornare indietro

Vari partiti promettono di cancellare la riforma Fornero. Ma l’aggancio automatico dell’età della pensione alle aspettative di vita è una politica ragionevole se non si vuole mettere in discussione la stabilità finanziaria del sistema pensionistico

di Carlo Mazzaferro

Promesse di controriforma
La “controriforma” delle pensioni è uno dei cavalli di battaglia del programma elettorale di molte forze politiche. E sembrano andare per la maggiore le modifiche studiate per bloccare il sentiero di crescita dell’età di pensionamento. L’aggancio dell’età pensionabile alla dinamica delle aspettative di vita prefigura infatti un aumento nell’età di pensionamento di 3-4 anni nel corso dei prossimi decenni. Contro questo assetto si sono dapprima levate voci che hanno suggerito di rendere selettivo l’aumento, escludendo alcune categorie di lavoratori più svantaggiati. Più di recente sono arrivate le proposte di fissare a 41 anni per tutti il requisito contributivo per accedere al pensionamento e quelle di reintrodurre il meno rigido sistema delle quote (somma di età e anzianità contributiva). Secondo l’Inps, abbandonare l’aggancio automatico dell’età di pensionamento all’andamento delle aspettative di vita costerebbe 140 miliardi di euro, da oggi al 2035. L’Italia se lo può permettere?


Per avere un’idea chiara del ruolo dell’età di pensionamento è utile ricordare che nei sistemi a ripartizione, come il nostro, la spesa corrente per pensioni è finanziata dai contributi sociali pagati dai lavoratori nel medesimo anno. La stabilità finanziaria del sistema dipende dunque anche dal rapporto tra il numero di pensionati e quello degli occupati. Se il rapporto aumenta, a parità di importo medio di pensioni e salari, anche la spesa complessiva per pensioni rispetto al prodotto dell’economia è destinata a crescere.

La simulazione
La figura 1 mostra cosa succede al rapporto tra il numero di pensionati e quello degli occupati in una popolazione composta da 60 generazioni della stessa consistenza numerica, nell’ipotesi che tutti gli individui lavorino quaranta anni, vadano in pensione a 65 e vi restino per i successivi venti.
Al tempo t=0 interviene uno shock che aumenta l’aspettativa di vita delle generazioni che raggiungono l’età di pensionamento per un ammontare di 3 mesi ogni anno. Questo significa che, in 12 anni, l’aspettativa di vita cresce di 3 anni.
Nella figura 1 sono rappresentate tre differenti politiche. Nel primo caso, l’età di pensionamento rimane costante per tutto il periodo successivo allo shock; nel secondo cresce in linea con l’aumento dell’aspettativa di vita; nel terzo aumenta in modo che, per ogni generazione, rimanga costante il rapporto tra il numero di anni di lavoro e quello di anni di pensionamento.
Nella figura 2 sono riportati i valori dell’età di pensionamento delle tre situazioni.

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