Anno IX - Numero 12
La guerra non è mai un atto isolato.
Carl von Clausewitz

martedì 12 giugno 2018

Statisti non ci si improvvisa: una lezione da imparare

Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno inflitto agli elettori euroscettici italiani la più desolante umiliazione che chiunque potesse immaginare. Non male per due ‘paladini’ delle sovranità italiane. Ma molto peggio: hanno seppellito per sempre le speranze sovraniste italiane in un colpo solo

di Paolo Barnard

Esauriti i primi proclami di cosmesi, hanno già intrapreso il camino delle ceneri sul capo, verso le vie di Bruxelles e del Quirinale, precisamente come ogni altro fantoccio italiano dal 1993 in poi. Questo accade a tristissime spese dell’elettorato per l’impreparazione e la sprovvedutezza di Lega e 5S nell’aver grossolanamente sottovalutato l’avversario. Se vi ricordate fu il sondaggio Eurobarometer (Commissione UE) del dicembre 2017, dove il 55% degli italiani giudicava l’euro una sventura per il Pese, che infuse un falso senso di sicurezza in particolare in Salvini, ma quel bonus è stato bruciato da tempo.

No cari sovranisti furibondi, non s’incolpi il sorcio di aver morso da sorcio, s’incolpi lo stolto di avergli ficcato davanti un piede nudo.
Non s’incolpi Mattarella di aver fatto il Mattarella, s’incolpino Salvini e Di Maio di essere arrivati al Colle totalmente scoperti, impreparati e arroganti nella loro ignoranza dello strapotere dell’avversario europeo. In tal modo, i due, hanno servito al Presidente l’assist più facile della storia politica nazionale.

E l’avversario dello sconsiderato duo, si badi bene, non sono stati per nulla i Mercati, che comunque non sono da non sottovalutare, ma non la fine del mondo se si pensa che lo spread lungo l’intero mandato di Mario Monti rimase altissimo, dai 550 ai 350 bps, e l’Italia non affogò nel Mediterraneo, dopotutto. Poi già oggi i Mercati sono tornati a comprarci i titoli, a dimostrazione di quanto dico. Il vero soverchiante avversario di Di Maio e Salvini è stato invece il gran sacerdote dell’Eurozona, Mario Draghi. Val la pena qui rammentare, a chi legge, la stazza dell’uomo e della sua Istituzione che i due sprovveduti hanno malamente preso sottogamba.

Fu la BCE a salvarci dall’implosione finanziaria certa, lungo tutti i governi da Monti in poi (le cui performance furono in sostanza irrilevanti) col suo programma Outright Monetary Transactions (OMT) prima, e Quantitative Easing (QE) poi – che acquistarono e acquistano titoli italiani in grandi quantità tenendo forzosamente bassi i rendimenti e lo spread. Poco importa in questo momento se più di un autorevole economista internazionale (ed io stesso) sostenne che quell’imminente implosione era paradossalmente il prodotto di un’unione monetaria scellerata. Riamane centrale il fatto che quelle armi ci hanno salvati, ma soprattutto che oggi con le stesse armi Mario Draghi ci può letteralmente distruggere. Ad esempio calando di colpo gli acquisti dei BTP, a cui seguirebbe un vero – e non momentaneo come oggi – catastrofico sell off di ogni asset italiano fino alla paralisi del Paese indietro nel Medioevo. Draghi lo può facilmente fare invocando la clausola del Capital Key, che da tempo vede l’Italia in difetto rispetto agli altri 18 Paesi della zona euro nell’esagerata quantità di titoli che si fa acquistare dalla BCE pur di non sprofondare.

Ma non solo. Draghi possiede un’altra arma soverchiante, la Risk Control Framework, che attribuisce al Governing Council della BCE il potere di tagliare fuori dalle vitali operazioni di credito qualsiasi banca col pretesto di presunte carenze nelle garanzie che possono offrire (arma usata per spezzare la schiena all’Irlanda nel 2010 e alla Spagna nel 2012, con lacrime e sangue versate). Questa mossa per le ‘sofferenti’ banche italiane (quasi 300 miliardi di NPLs, cioè crediti inesigibili, nella pancia) sarebbe davvero la fine. Il poco conosciuto Risk Control Framework è letteralmente la pallottola nel cranio della vittima già esanime a terra.

Questa era la reale dimensione dell’avversario dell’avventuristico duo Salvini-Di Maio. Non ci è dato spere come un Paolo Savona (con in spalla una terrorizzata Bankitalia) avrebbe anche solo dialogato con Draghi e col suo infinito potere di fuoco. Forse l’amico di tante avventure televisive Claudio Borghi me lo potrebbe spiegare. In altre parole ci si chieda: mettiamo pure che Mattarella fosse stato fermo, una volta al governo sto ‘peschereccio’ cosa avrebbe fatto contro una portaerei nucleare?

Considerato bene quanto sopra, si può comprendere il livello di vacuità del posturing anti-euro, anti-trattati e sovranista del programma di Salvini, o delle mai ben decifrate posizioni di Di Maio sulla moneta unica. E siamo infatti all’ennesima umiliazione nazionale, ora certa.

L’unico modo per evitarla, salvando anche il sovranismo italiano, sarebbe un estremo gioco d’azzardo, che è possibile, ma sarebbe irresponsabile oltre ogni limite*, e che ha le sue premesse nell’inconfessabile ma letale fragilità della moneta unica europea, che qui spiego.

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