Anno IX - Numero 11
La morte è il limite di ogni cosa.
Orazio

martedì 12 dicembre 2017

Il piano cinese sulle energie rinnovabili che cambierà il mondo

La State Grid Corporation of China ha lanciato un progetto ambiziosissimo: usare le nuove reti “supercritiche” per spostare l’energia elettrica prodotta in tutto il mondo, compresi i parchi solari nel Sahara e quelli eolici ai poli. L’obiettivo al 2050: il 90% dell’elettricità da fonti rinnovabili 

di Fabrizio Patti

«Noi realizziamo i vostri sogni». Era uno slogan del Milan vincente di qualche anno fa diretto ai cugini dell’Inter versione zero titoli. Ora che entrambe le sponde di Milano si preparano al primo derby a proprietà cinese, a pronunciare quella frase sono proprio i governanti e i rappresentanti di una delle società più grandi al mondo, la State Grid Corporation of China (330 miliardi di dollari di fatturato). Il sogno era quello europeo, di sfruttare gli infiniti spazi del deserto del Sahara per produrre energia elettrica da impianti fotovoltaici, destinata ad arrivare in Europa. Quel progetto, a forte impulso tedesco e chiamato Desertec, è naufragato da molti anni sotto i colpi prima delle crisi politiche seguite alle primavere arabe sia del calo della domanda di energia in Europa a causa della crisi. Ora l’idea viene rispolverata da Pechino ma in un’ottica completamente diversa: non la produzione per l’Europa ma per il mondo intero, compresa una buona fetta delle 3 miliardi di persone che oggi ha un accesso discontinuo all’elettricità. Un obiettivo semplicemente impossibile fino a poco tempo fa, visto che i sistemi attuali di trasmissione di energia hanno grandi dispersioni e non sono connessi a livello globale. Ora però le cose stanno cambiando.

Immaginate, per capire che cosa hanno in mente a Pechino, che oltre ai parchi solari nel Sahara ci siano vaste estensioni di parchi eolici nelle zone ventose dell’Artico e in moltre altre zone non abitate del pianeta, compresa l’Antartide. Immaginate una nuova rete di trasmissione dell’energia ad altissima capacità e bassa dispersione, capace di connettere tutto il mondo, compresi i suoi angoli più remoti. Immaginate che questo permetta di rendere finalmente possibile uno sviluppo rapido delle fonti di energia rinnovabile, perché non ci sarebbero più i problemi derivanti dalla discontinuità della produzione di elettricità da sole e vento. Immaginate che tutto questo porti entro il 2050 a produrre il 90% dell’elettricità con fonti rinnovabili a livello mondiale. Immaginate, infine, che ciò comporti investimenti globali per la cifra astronomica di 50mila miliardi di dollari in 30 anni.

Quando nel 2010 la State Grid Corporation of China cominciò a tratteggiare nei suoi documenti strategici questi scenari, l‘interesse che suscitò fu tutto sommato limitato, perché si trattava di poco più di suggestioni. Da allora, però, molta acqua è passata sotto i ponti: nel 2015 la visione è stata presentata all’assemblea generale delle Nazioni Unite dal presidente cinese Xi Jinping. Un anno dopo da Pechino su impulso di State Grid è stata creata un’organizzazione apposita, chiamata Geidco, ossia Global Energy Interconnection Development and Cooperation Organization. Il suo vice-presidente è il premio Nobel per la fisica Steven Chu, già ministro dell’Energia nella prima amministrazione Obama. A oggi vi hanno aderito 265 imprese di 22 Paesi (tra cui Abb, Siemens, Terna, Politecnico di Torino).

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