Anno IX - Numero 10
Non è sufficiente parlare di pace. Bisogna crederci.
Eleanor Roosevelt

martedì 21 agosto 2018

Il gelato come illusione

Un tempo si portava il vino, oggi si porta il gelato. Cronache di cene estive ai tempi delle vaschette in polistirolo

di Elena Stancanelli

Prima della vaschetta di polistirolo le cene finivano col dolce, e poi la frutta. Anche d’estate. E gli amici portavano il vino, qualcuno la champagne. Prima della vaschetta di polistirolo non c’erano neanche i messaggi sul telefonino, forse non c’era neanche il telefonino e gli amici trascorrevano il pomeriggio che precedeva la cena, qualsiasi cena, in totale serenità. Poi, prima di uscire di casa, dovevano solo ricordarsi di prendere una bottiglia di vino dalla dispensa, o lo champagne dal frigorifero. Non chiedevano, come facciamo adesso mandando un messaggio, «a che ora?».
Otto, otto e mezzo, nove. Minuto più minuto meno. A che ora vuoi arrivare? Che bisogno abbiamo di domandare sempre tutto, quando poi arriviamo quando ci pare, quando ci viene più comodo? Solo perché i messaggi su Whatsapp sono gratuiti. Che porto? Chiediamo infatti adesso. Porto il gelato?

Ho fatto un esperimento, qualche giorno fa. Ho invitato degli amici a cena, era estate. E nel messaggio ho scritto: per favore, non portate il gelato. Ci sono rimasti male. Probabilmente perché volevano mangiare il gelato alla fine della cena, e non il dolce o la frutta come immaginavano di trovare. Abbiamo riso, di questo mio messaggio, quando sono arrivati. E io ho spiegato che avevo appena fatto un’altra cena, e quindi il gelato ce l’avevo e glielo’avrei dato di sicuro, alla fine. Non dovevano preoccuparsi di dover mangiare la frutta. Ma loro ci sono rimasti male lo stesso. Perché loro, giustamente, non volevano del gelato tanto per avere il gelato, volevano il gelato che avrebbero comprato loro, in quella specifica gelateria che è l’unica che lo fa buono a Roma. E soprattutto i gusti che avrebbero scelto loro.

Tutti abbiamo notato il lampo negli occhi degli ospiti quando aprono la vaschetta che hanno portato e illustrano i gusti, i raffinati abbinamenti, la presenza della panna (cruciale) o la mancanza della panna (volgare). E come si spendono nel raccomandare quella gelateria che, nonostante quanto si dica in giro, è ancora/diventata/la più buona di Roma. C’è chi ama la frutta, chi pensa che il gelato siano soltanto le creme, chi aborre quei nuovi gusti nei quali si mescolano bacche frutta, alcool e chi ritiene siano incomparabilmente più buoni delle solite creme e cioccolato. E nonostante io alle cene inviti soltanto i miei amici, e quindi mi faccia garante della presenza esclusiva di persone non troppo dissimili, questo non esclude che amino cose diverse. Potrei aver fatto, per esempio, una cena di sperimentatori del gelato seguita da una cena di tradizionalisti, o viceversa. Tutto questo però avrebbe senso se quello che rimane nella vaschetta di polistirolo, rimessa nel freezer troppo tardi rispetto alla velocità a cui si scioglie il gelato, fosse ancora in qualche modo riconoscibile. Ma non lo è, mai. Per la ragione che la vaschetta di polistirolo, che viene tirata fuori dal freezer sempre troppo tardi costringendoci a scalpellare blocchi di gelato inscalfibili di fronte ai quali talvolta ci si riduce a rastrellare col cucchiaio riccioli uno a uno, viene anche rimessa dentro, troppo tardi.

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