Anno IX - Numero 10
Non è sufficiente parlare di pace. Bisogna crederci.
Eleanor Roosevelt

martedì 28 agosto 2018

Cattivi pensieri in concessione

La tragedia di Genova può diventare motivo di riflessione indipendente sul tema delle concessioni, al bivio tra chi ne desidera la nazionalizzazione e chi invece è contrario

di Mario Seminario

Prima di iniziare a sviluppare la mia tesi ed i miei pensieri, debbo fare una necessaria premessa: non ho alcun interesse a difendere la concessione di Autostrade per l’Italia né la sua controllante Atlantia. Quindi, per quello che mi riguarda, possono anche perdere le concessioni autostradali, al termine di un processo di accertamento delle responsabilità sulla tragedia di Genova. Questo lo devo premettere per evitare che i soliti scossi di psiche mi rimproverino di essere “venduto” alla società controllata dalla famiglia Benetton.
La replica a chi lo ha già fatto sarà valutata dai miei legali nei prossimi giorni ma queste sono solo trascurabili note autobiografiche.

Quello che oggi vorrei fare è parlare del “dopo”, ipotizzando che nulla resti come oggi (e potrei sbagliare). Nei giorni scorsi abbiamo letto le dichiarazionidi esponenti leghisti come il governatore veneto Luca Zaia, contrari alla nazionalizzazione. Subito è iniziata l’ennesima versione del giochino di società di questo paese fallito: chi sono gli “statalisti” e chi sono i “liberisti”, meglio se con molte b?

Nulla di più fallace. Infatti, a stretto giro è arrivata la valutazione del governatore leghista del Friuli Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, che, prima di una concessionaria del Nord Est, vuol capire se e quanto la sua regione guadagnerebbe. Più in generale, abbiamo avuto un coro di governatori contrari alla “nazionalizzazione”. Non è che questi personaggi siano “liberisti”, signora mia. Semplicemente, non vogliono la nazionalizzazionedelle autostrade perché vorrebbero avere i soldi più vicino a casa, e quindi chiedono la regionalizzazione. Non è difficile da comprendere.

Non a caso, anche Matteo Salvini è giunto in soccorso dei colleghi di partito, dicendosi favorevole ad un esito del genere. È quindi aperta ufficialmente la caccia al “tesorone”, più che al tesoretto, dell’unica vera cash cow che un governo possa avere tra le mani: una rete autostradale. La spinta per decentralizzare i flussi di cassa da essa prodotti è fortissima, nel quadro della famosa “autonomia”. Certo, l’operazione potrebbe effettivamente servire, come dice Salvini, a ridurre i pedaggi e quindi gli oneri che gravano su cittadini ed imprese.

Oppure, vista la quantità di cassa che si rovescerà addosso ai proprietari della rete, si potrebbe pensare a tante belle spesine e spesone, tutte fondamentali ed imprescindibili, sia chiaro. Preleva oggi, preleva domani, il rischio è che i soldi per manutenzione e sviluppo spariscano. Beh, che problema ci sarebbe? Vista la quantità imponente di cassa generata dalla rete autostradale, potremmo comunque avere credito dalle banche. E così via, tra nuove urgenze democratiche di spesa pubblica.

Per questo, ragionando come se le concessioni fossero già state tolte ad Atlantia, si profila lo scontro tra “nazionalisti”, cioè quelli che vorrebbero avere Cassa Depositi e Prestiti proprietaria della rete (e sarebbe la prima operazione sensata sul piano finanziario tra tutte quelle che periodicamente vengono immaginate per la Cassa) e “regionalisti”, che invece vorrebbero delle “Cassette” regionali, per tenersi gli schei vicino al cuore. È la democrazia, naturalmente: ognuno è libero di gestirsi le proprie risorse, secondo il volere del Popolo. L’importante, in caso le risorse venissero sperperate, è trovare la dignità per non accusare lo Straniero e gli immancabili complotti esterni.

Tutto il resto, inclusi pensosi dibattiti su cattura regolatoria e finanche sul futuro del capitalismo, con la solita processione della statua di Mariana Mazzucato per le vie del paesello, sono solo folklore. Follow the money, my friend.